L’International Classification of Headache Disorders, la classifica ufficiale dei mal di testa dell’Oms, potrebbe includere fra gli oltre 200 tipi di cefalee anche la cefalea provocata dall’aereo, che è caratterizzata da dolore breve ma intenso, soprattutto intorno all’occhio, e che compare in prevalenza durante la fase di atterraggio.
Il responsabile del Centro Cefalee dell’Ospedale Civile SS Giovanni e Paolo di Venezia, il neurologo Federico Mainardi, spiega: «Il processo di inserimento è stato già avviato e sembrerebbe si possa concludere con esito favorevole; questo incentiverebbe gli studi, utili per comprendere meglio la sua fisiopatologia (cause, sintomi) e individuare le misure preventive e i trattamenti terapeutici, in quanto i criteri diagnostici diverrebbero univoci e utilizzabili da chiunque».
Gli attacchi di questo tipo di cefalea colpiscono in particolare gli uomini e sono caratterizzati dalla brevità e dall’unilateralità, durano cioè in genere meno di mezz’ora e sono localizzati su un lato della testa, in prevalenza vicino a un occhio o nella fronte, come quelli che colpiscono chi è affetto da sinusite acuta o cronica; per quanto intensi, non sono accompagnati da nausea o dall’aumento della sensibilità alla luce e al rumore.
Per quanto riguarda le cause, l’ipotesi che raccoglie maggiori consensi attribuisce la responsabilità a un meccanismo già noto alla medicina aeronautica, gli sbalzi di pressione nelle cavità dei seni paranasali durante il cambiamento di quota dovuto all’atterraggio, come spiega Mainardi: «Durante le varie fasi del volo, i seni paranasali sono sottoposti a forti variazioni della pressione barometrica, e questo si riflette sul volume gassoso in essi contenuto; qualora i meccanismi preposti al compenso fra la pressione esterna e interna fossero in qualche modo mal funzionanti, la mucosa dei seni verrebbe di conseguenza compressa, o al contrario, espansa, a seconda della fase del volo, causando l’insorgenza del dolore. Ma da solo questo meccanismo non è in grado di spiegare completamente e in modo esaustivo la fisiopatologia della cefalea da aereo che, per definizione, colpisce i viaggiatori privi di patologie dei seni paranasali».
La patologia è stata descritta per la prima volta nel 2004 ma è nel 2007 che Mainardi, sul Journal of Headache and Pain, la rivista ufficiale dell’European Headache Federation, descrive alcuni casi di questo tipo di mal di testa, e questa lettura suscita l’interesse di un gran numero di persone in tutto il mondo vittime dell’Airplane headache; grazie alla collaborazione di 75 di queste persone, Mainardi è riuscito a coordinare uno studio che è stato pubblicato su Cephalgia, la rivista internazionale dedicata alle cefalee.
I pazienti hanno risposto alle domande di un questionario sui sintomi del loro disturbo, e tre di loro sono stati visitati presso il Centro Cefalee di Venezia; grazie alla loro collaborazione, spiega Mainardi: «La nostra indagine ha confermato la natura stereotipata degli attacchi, in particolare per quanto riguarda la chiara correlazione con la fase di atterraggio e la breve durata del dolore.
L’assunzione preventiva di un analgesico potrebbe ridurre l’intensità del dolore e, nel migliore dei casi, evitarne la comparsa; ma la cefalea da aereo è comunque una diagnosi di esclusione: è pertanto consigliabile eseguire una visita specialistica, in caso di comparsa di questo disturbo invalidante».
Questo disturbo, infatti, nel 70% dei casi provoca uno stato ansioso dovuto alla paura che si ripresenti, tanto che alcuni rinunciano a usare l’aereo.
Fonte
F Mainardi, Cephalalgia, 2012