A cura del Dott. Rocco Gallicchio
Specialista in Ginecologia e Ostetricia
Buonarroti Medical Center, Milano
Introduzione
La crioconservazione di ovociti maturi non è più considerata una tecnica sperimentale dal gennaio 20131, diversamente da altre opzioni, quali la crioconservazione di tessuto ovarico o dell’intero ovaio e la crioconservazione di ovociti immaturi o maturati in vitro, ancora in fase sperimentale2,3. La crioconservazione degli ovociti non presenta le criticità etiche e legali del congelamento degli embrioni ed ha reso possibile preservare il potenziale di fertilità femminile anche in assenza del partner4,5. La crioconservazione degli ovociti potrebbe contraddistinguere la seconda rivoluzione sessuale femminile dopo la pillola contraccettiva. Questo metodo innovativo di preservazione della fertilità femminile, inizialmente concepito solo per le pazienti oncologiche in età fertile, fiduciose di poter diventare madri dopo la guarigione, si potrebbe di fatto offrire in futuro anche a donne affette da altre patologie con impatto negativo sulla fertilità, o a donne sane, con lo scopo di procrastinare una gravidanza (social egg freezing)6.
Evoluzione delle tecniche di crioconservazione: dal congelamento lento alla vitrificazione
La crioconservazione, una tecnica basata sul congelamento e la conservazione per lunghi periodi a temperature molto basse (di norma -196°, punto di ebollizione dell’azoto liquido), è nota da anni e applicata con successo sui gameti maschili e sugli embrioni. L’applicazione della metodica sugli ovociti si è rivelata tuttavia molto più difficile del previsto, in quanto la cellula uovo è molto più sensibile ai danni da congelamento. Uno degli ostacoli principali al congelamento degli ovociti è rappresentato dalla formazione di cristalli di ghiaccio all’interno della cellula e da possibili danni alla zona pellucida o al citoplasma, che inficiano la sopravvivenza dell’ovocita7.
La prima metodica di congelamento utilizzata per gli ovociti è stata quella del congelamento lento (“slow-freezing”- prima gravidanza ottenuta nel 1986 ma applicata con maggiore continuità solo dal 1997). Tale procedura prevede un abbassamento della temperatura lento e controllato, e uno scongelamento rapido, per evitare che l’ovocita rimanga troppo a lungo a temperature critiche che possono provocare la formazione di cristalli di ghiaccio intracellulare 2.
La procedura di vitrificazione, messa a punto più recentemente (prima gravidanza ottenuta nel 1999 ma applicata con maggiore continuità dal 2003), consiste invece in un rapido abbassamento della temperatura, in modo che non vi sia il tempo perché le molecole di acqua possano organizzarsi in un reticolo cristallino. In questo modo la cellula si “vitrifica”, ovvero si solidifica rapidamente acquistando un aspetto vitreo, trasparente e privo di ghiaccio2,8-11. Dal registro nazionale ART (2005-2013), emerge che la vitrificazione consente di ottenere tassi superiori di sopravvivenza degli ovociti, di impianti e gravidanze rispetto al metodo slow freezing5,12.Nei programmi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), l’outcome ostetrico e l’incidenza di malformazioni, valutato su ampia casistica, non è diverso fra i bambini nati da embrioni crioconservati o “con tecniche a fresco” 5,13-15.
Unitamente al tipo di tecnica utilizzata, i principali fattori che influenzano il buon esito del congelamento ovocitario sono l’età della paziente e la riserva ovarica al momento del congelamento, oltre al numero di ovociti crioconservati 2,13.
Il percorso clinico e le fasi della metodica
Prima di sottoporsi al trattamento, è necessario:
- un colloquio in un centro specializzato per l’infertilità di coppia e la (PMA)
- la valutazione della riserva ovarica mediante 17:
o dosaggio ormonale (AMH, FSH, 17 beta estradiolo in fase mestruale)
o ecografia transvaginale con la conta dei follicoli antrali e misurazione della volumetria ovarica
- Esami diagnostici e infettivologici previsti dalla legge.
La metodica di crioconservazione prevede due fasi cliniche e una fase di laboratorio:
- Induzione della crescita follicolare multipla (stimolazione)
Per le pazienti oncologiche, sono disponibili “protocolli di emergenza”, che prevedono l’inizio della stimolazione in qualsiasi giorno del ciclo mestruale riducendo notevolmente i tempi di attesa. Per donne con tumori ormono-responsivi (mammella, endometrio), sono stati sviluppati approcci alternativi di stimolazione ormonale utilizzando tamoxifene o letrozolo, in modo da ridurre il rischio potenziale di esposizione ad elevate concentrazioni di estrogeni2.
In questa fase è importante prevenire, specie nelle pazienti oncologiche, la sindrome da iperstimolazione ovarica, caratterizzata da ingrossamento dell’ovaio e da un aumento della permeabilità capillare, con passaggio di liquidi dal compartimento vasale alla cavità addominale, a livello polmonare o ad altri tessuti. La comparsa di questa sindrome può aumentare il rischio trombotico e rendere necessario un ritardo nell’inizio del trattamento oncologico. Pertanto, quando c’è un sospetto di questa sindrome, è bene sospendere la stimolazione2.
La stimolazione ovarica nelle donne con tumori ormono-responsivi presenta ancora delle criticità, quali la necessità di rinviare l’inizio della chemioterapia da 2 a 6 settimane ed eventuali rischi correlati agli elevati livelli di estradiolo a cui vengono esposte le donne. Alcuni studi hanno riportato dati incoraggianti, ma occorrono ancora studi a lungo termine e su casistica più ampia 18.
- Prelievo eco guidato di ovociti: è una procedura della durata di circa 10 minuti che in Italia viene eseguita in regime di day surgery, in anestesia generale o locale. Le complicanze legate a questa fase (emorragie e perforazioni di organi addominali) sono estremamente rare.
- Valutazione, selezione e crioconservazione degli ovociti: gli ovociti prelevati vengono valutati in laboratorio e quelli in metafase II vengono crioconservati.
Applicazioni cliniche della crioconservazione degli ovociti
La crioconservazione degli oovociti in oncologia
La crioconservazione degli ovociti è stata concepita inizialmente per offrire alle pazienti oncologiche l’opportunità di diventare madri dopo la guarigione, un’evenienza sempre più frequente grazie all’efficacia delle cure, che hanno migliorato la prognosi dei tumori, in termini di qualità e di aspettativa di vita 6,19 . Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati almeno 30 nuovi casi di tumore in pazienti di età inferiore ai 40 anni, pari al 3% della casistica generale 2. Le donne infertili con pregressa diagnosi di cancro, presentano, rispetto alle donne infertili per altre cause, maggiori conseguenze negative sul piano psicologico, come ansia, depressione 20,21 e sulla qualità della vita sessuale 22-25. Tali evidenze dimostrano l’importanza di offrire a queste donne la speranza di poter diventare madri dopo la guarigione. Studi recenti indicano tuttavia che il tema della fertilità in oncologia non sempre viene trattato in maniera adeguata, siamo ancora lontani dall’applicazione di un counselling adeguato e tempestivo e da un network strutturato tra Centri di Oncologia e centri PMA per una migliore gestione delle tempistiche. Sono ancora poche le donne che intraprendono questo percorso.
Le barriere principali ad effettuare un percorso di crioconservazione sono soprattutto:
- I possibili effetti nocivi dei pregressi trattamenti antitumorali su una futura gravidanza.
- Le conseguenze che la gravidanza possa influenzare negativamente la prognosi della malattia di base, in particolare se si tratta di neoplasie ormono-sensibili.
- I timori della stimolazione ovarica, in particolare per i tumori ormono-responsivi (v. fasi della metodica).
Secondo i dati della letteratura, non esiste ad oggi alcuna dimostrazione di un aumentato rischio di difetti genetici o di altro tipo nei nati da donne precedentemente sottoposte a terapie antineoplastiche26, né di un possibile effetto sfavorevole della gravidanza sulla prognosi e sul rischio di recidiva, anche nelle pazienti precedentemente trattate per tumori ormono-responsivi27,28. I risultati di una recente metanalisi – condotta su 1.244 donne e 18.145 controlli – segnalerebbero addirittura un effetto protettivo della gravidanza, con una significativa riduzione del rischio di morte (hazard ratio [HR]=0.59, Intervalli di Confidenza [IC] 95% 0.50-0.70)29. I dati di letteratura riportano un outcome della criopreservazione sostanzialmente sovrapponibile nelle pazienti oncologiche e nelle pazienti infertili, eccetto un lieve ritardo nella risposta alla stimolazione con gonadotropine nelle prime30.
La crioconservazione degli ovociti in altre situazioni cliniche che compromettono la fertilità
La crioconservazione degli ovociti trova un’utile applicazione anche in patologie non oncologiche, come le malattie autoimmuni, l’endometriosi o le condizioni di prematuro esaurimento della funzione ovarica (POI) (Tab 1).
Il contributo della crioconservazione può essere significativo per ottimizzare i risultati della procreazione medicalmente assistita (PMA), in quanto si evita di sottoporre la donna e ripetute stimolazioni2,6.
Tabella 1- Condizioni non oncologiche con l’indicazione per la preservazione della fertilità
Mod. da Martinez et al. Fertility and Sterility. 20176
Il ”social egg freezing”
Recentemente si è innescato un vivace dibattito sul “social egg freezing”, ovvero sulla possibilità di ricorrere alla tecnica di crioconservazione da parte di donne sane e attualmente fertili, che desiderano posporre la gravidanza per motivi non medici ma sociali, ad esempio per motivi di carriera o perché non hanno ancora trovato un partner affidabile. In questi casi è fondamentale un corretto counselling. E’ bene chiarire che i limiti di età per avere una gravidanza, anche con PMA, non cambiano con la crioconservazione, che non deve essere eseguita oltre i 38 anni. Le percentuali di successo della PMA restano intorno al 25% sotto i 35 anni e solo 10-15% dopo i 40 anni. La crioconservazione non deve essere considerata un metodo per procrastinare la gravidanza in modo da poter avere un figlio quando l’orologio biologico si è già fermato. Può essere un’illusione molto costosa… in tutti i sensi31.
Conclusioni
La crioconservazione rappresenta un’importante strategia di preservazione della fertilità con un vasto campo di applicazione clinica, non solo in oncologia, ma anche nelle malattie autoimmuni, nei casi di familiarità per esaurimento ovarico precoce e nell’infertilità. Recentemente, è stata messa a punto una tecnica innovativa di crioconservazione, la vitrificazione, che consente di ottenere risultati migliori rispetto al congelamento lento. Nonostante i progressi nelle procedure di preservazione della fertilità e delle tecniche di riproduzione assistita, il counselling riproduttivo non è ancora soddisfacente e molte donne, in particolare le pazienti oncologiche, non ricevono un’informazione adeguata. La problematica è complessa e delicata e richiede un approccio multidisciplinare che preveda network dedicati e specializzati tra Ospedali e Centri per la PMA.
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