La diagnosi preimpianto può essere richiesta e le strutture pubbliche la devono garantire: questa la sentenza emessa la scorsa settimana dal tribunale di Cagliari, in seguito alla quale i centri italiani autorizzati alla fecondazione assistita sono tenuti a farla e ad attrezzarsi per farla, cosa che invece finora non poteva accadere; la coppia che si era rivolta al tribunale di Cagliari era portatrice di una malattia genetica trasmissibile, per questo aveva chiesto di poter eseguire la diagnosi preimpianto.
Oltre alla diagnosi preimpianto, che deve essere garantita dalle strutture pubbliche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili che ne facciano richiesta, si possono produrre più di tre embrioni e non è più obbligatorio impiantarli tutti contemporaneamente ma è possibile conservarli con la crioconservazione.
Continua a essere vietata la fecondazione eterologa, cioè con l’ovulo o il seme di persone al di fuori della coppia. La Legge 40, che regola la fecondazione medicalmente assistita, dalla sua promulgazione nel 2004, ha subito già numerose modifiche dovute alle 19 sentenze che sono state emesse da vari tribunali italiani; già dopo pochi mesi un referendum proponeva di abrogarla ma non fu raggiunto il quorum.
Il tribunale di Cagliari aveva già apportato da subito alcune modifiche alla legge: nel 2004 il giudice consentì la ‘riduzione embrionaria’ per evitare gravidanze plurime, nonostante la legge prevedesse l’impianto di tutti gli embrioni prodotti, e nel 2007 ha permesso la diagnosi preimpianto per conoscere lo stato di salute dell’embrione, senza fini eugenetici, mentre la legge consentiva che l’embrione fosse solo ‘osservato’; quest’ultima sentenza del tribunale sardo è stata confermata da un’analoga sentenza emessa dal Tar del Lazio nel 2008, che venne poi recepita nello stesso anno nelle nuove linee-guida dell’allora ministro Livia Turco.
Anche la Corte Costituzionale si è espressa sulla Legge 40, cancellando nel 2009 il limite di fecondazione con tre ovociti e l’obbligo contemporaneo dell’impianto di tutti gli embrioni prodotti; con questa sentenza i giudici della Corte hanno anche di fatto sancito la possibilità di conservare gli embrioni in sovrannumero con la crioconservazione.
La diagnosi preimpianto, da ottenere nelle strutture abilitate alla procreazione medicalmente assistita, è poi diventata possibile grazie all’intervento della Corte Costituzionale.
Il 28 agosto di quest’anno l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a causa della discriminazione di cui erano fatte oggetto le coppie fertili, in quanto escluse dalla Legge 40 dalla possibilità di fare la diagnosi preimpianto, anche se portatrici di malattie geneticamente trasmissibili; la questione rimane però ancora sospesa fino alla fine di novembre, perché il governo potrebbe fare ricorso entro quella data.
Fonte
Redazione, novembre 2012