Una sentenza emessa recentemente dal Tribunale di Milano cambierà in modo sostanziale il corso dei contenziosi civili in materia di malasanità. Spetterà al paziente dimostrare l’errore medico, e avrà a disposizione solo 5 anni, e non 10, per ottenere il risarcimento. Alla base di una simile “rivoluzione” vi sarebbe la diversa qualificazione giuridica della colpa medica, non più contrattuale ma extracontrattuale, in linea con quanto previsto dalla legge Balduzzi del 2012 (art. 2043 c.c.). Il cittadino che si ritiene danneggiato dovrà quindi esibire un “contratto” e/o dimostrare che il medico non abbia rispettato i protocolli o le Linee Guida, altrimenti dovrà rivalersi sulla struttura sanitaria, pubblica o privata, all’interno della quale si è verificato l’evento. Spetterà a quest’ultima fornire la prova che i danni subiti dal paziente non siano imputabili all’operato dei suoi dipendenti. La sentenza del Tribunale di Milano ripartisce in modo equo la responsabilità degli atti medici, che possono non essere imputabili al singolo medico, ma a disfunzioni organizzative. “Non potendo più scaricare sui Medici le proprie inefficienze, le aziende dovranno attivare concretamente tutti gli strumenti di prevenzione degli eventi avversi a partire dalle unità di gestione del rischio clinico. Dovranno inoltre curare di più le condizioni di lavoro, l’aggiornamento e le competenze dei propri professionisti, ed eliminare le scelte clientelari per affidare incarichi di direzione. È un altro importante tassello verso la valorizzazione dei professionisti e della professione medica”– ha commentato il Presidente CIMO-ASMD, Riccardo Cassi. Il tempo ci dirà se questa sentenza sarà in grado di rendere i medici maggiormente propensi a stabilire un’alleanza terapeutica con il paziente, nonché di contrastare la medicina difensiva, causa di prestazioni diagnostico-terapeutiche eccessive (overtreatment), di sovraccarico delle strutture sanitarie, e di costi che stanno diventando sempre più insostenibili per la collettività.
Fonti
Trib. Milano, sez. I civ., sentenza 17 luglio 2014 Quotidianosanità 14 ottobre 2014