La rivista Jama Pediatrics ha pubblicato una ricerca secondo la quale un atteggiamento ostile della madre verso i bambini, nel corso della gravidanza, aumenta le probabilità che il figlio che nascerà potrà in futuro subire dai genitori un comportamento molto severo o addirittura maltrattamenti.
Lisa Berlin, dell’University of Maryland, School of Social Work, di Baltimora, ha condotto uno studio prospettico su quasi 500 donne in gravidanza e i loro figli; spiega: «L’abuso sui bambini è un fenomeno in crescita preoccupante; solo negli Stati Uniti circa dieci bambini ogni mille nel 2008 sono stati vittime di trascuratezza o maltrattamenti, e la frequenza raddoppia nei bambini sotto i due anni. Nell’80% dei casi il responsabile è uno dei genitori».
Scopo dei ricercatori era di trovare un eventuale legame fra l’atteggiamento delle madri verso i bambini durante la gravidanza e l’abuso o i maltrattamenti subiti dai figli nei primi due anni di vita, estendendo ai genitori lo schema mentale che è già stato rilevato da recenti studi, cioè come l’attribuzione a priori di un’accezione negativa alle intenzioni altrui sia frequentemente associata a reazioni aggressive, e di misura eccessiva e sproporzionata rispetto alle situazioni reali. Questo schema mentale, che è stato osservato in genitori e bambini in età scolare, può indurre alla violenza.
Precisa Berlin: «Dalla nostra analisi è emerso che i figli delle donne più inclini a un atteggiamento ostile verso i bambini, hanno una maggiore probabilità di subire maltrattamenti entro i 26 mesi; inoltre, quanto maggiore era l’ostilità attribuita dalle madri alle intenzioni dei bambini durante la gravidanza, tanto più duro era il rapporto madre-figlio dopo la nascita».
Se i medici riuscissero a identificare nelle future madri questi atteggiamenti ostili verso i bambini, potrebbero indirizzarle a servizi di sostegno genitoriale, vista la probabilità che questo comportamento possa portarle in futuro ad abusi e violenza nei primi anni di vita dei loro bambini.
Le donne oggetto dello studio dei ricercatori statunitensi avevano fra i 12 e i 41 anni; sono state intervistate frontalmente per valutarne le caratteristiche familiari, gli eventuali problemi di salute mentale e di isolamento sociale, e le loro considerazioni sui comportamenti dei lattanti. Con un’intervista telefonica, che è stata fatta nel corso del secondo anno di vita dei figli, si è cercato di valutare il loro comportamento nei confronti del bambino, sulla base di una versione modificata dell’Iiq (Infant Intentionality Questionnaire); per valutare invece quanto la genitorialità fossa dura e aggressiva, è stata utilizzata una scala psicometrica basata sulla frequenza di comportamenti materni come arrabbiarsi, urlare, sculacciare o scuotere con violenza il proprio figlio.
Gli studiosi hanno poi individuato gli episodi di violenze e abusi di cui sono stati vittime i bambini da zero a 26 mesi, dal registro ufficiale della contea in cui si è svolta la rilevazione.
Julie Crouch e Joel Milner, del Center for the Study of Family Violence and Sexual Assault, della Northern Illinois University, nell’editoriale commentano però che l’interpretazione matematica del punteggio del questionario può essere equivoca, data la sua complessità, e per questo dovrebbe essere oggetto di ulteriori approfondimenti, per distinguere con maggiore precisione e chiarezza le sfumature degli atteggiamenti ostili o positivi delle madri.
Fonte
Lisa J. Berlin et al – Examining Pregnant Women’s Hostile Attributions About Infants as a Predictor of Offspring Maltreatment. JAMA Pediatrics 15 aprile, 2013