La terapia ormonale in menopausa rimane a tutt’oggi il trattamento più efficace dei sintomi vasomotori (vampate).
È stata definita la nuova dichiarazione di posizione sulla terapia ormonale in menopausa, da parte della North American Menopause Society (NAMS), una delle più autorevoli società scientifiche in tale ambito. Il documento del 2017 ha aggiornato la precedente dichiarazione di posizione del 2012. Per definire le nuove raccomandazioni e gli ulteriori orizzonti di ricerca, la NAMS si è avvalsa della consulenza di un gruppo selezionato di medici e ricercatori, particolarmente esperti nel settore della salute delle donne e della menopausa. Sono stati rivalutati tutti i nuovi studi pubblicati e i risultati ottenuti, giungendo così a un consenso sulle indicazioni aggiornate per una corretta gestione della menopausa. La “forza” delle varie raccomandazioni è stata definita in base al livello e alla qualità delle evidenze scientifiche.
Innanzitutto, è stato confermato che la terapia ormonale resta il trattamento più efficace dei sintomi vasomotori e della sindrome genitourinaria della menopausa. La terapia ormonale ha inoltre dimostrato di prevenire l’osteoporosi e le conseguenti fratture ossee.
Per quanto concerne la sicurezza della terapia ormonale, i possibili rischi correlati possono essere condizionati da vari fattori: tipo di terapia ormonale (ormai esistono tanti farmaci in tale area), dose utilizzata, durata del trattamento, modo di somministrazione, tempo di inizio del trattamento e uso di progestinico. La scelta del trattamento deve essere quindi individualizzata in relazione alla singola persona da curare, optando per terapie che consentano di massimizzare i benefici, riducendo al minimo i rischi. In ogni caso, la NAMS raccomanda di effettuare sempre una rivalutazione periodica della donna in trattamento, valutando quindi l’opportunità di continuare o interrompere la terapia ormonale.
Altro aspetto fondamentale è l’età della donna e la durata della sua menopausa, al momento dell’inizio della terapia ormonale. Per le donne con età inferiore ai 60 anni, o che sono in menopausa da meno di 10 anni e non presentano controindicazioni, il rapporto rischi-benefici è in assoluto il più favorevole. Ciò vale sia per il trattamento dei sintomi vasomotori sia per la prevenzione dell’osteoporosi e del rischio aumentato di fratture ossee. Invece, per le donne che iniziano la terapia ormonale oltre 10-20 anni dall’insorgenza della menopausa o che hanno un’età superiore a 60 anni, il rapporto rischi/benefici appare meno favorevole. Con tali condizioni, aumentano infatti i rischi assoluti di malattie cardiache coronariche, ictus, tromboembolia venosa e demenza.
Durate prolungate della terapia dovrebbero essere circoscritte per indicazioni documentate come sintomi vasomotori persistente o l’osteoporosi, condividendo la decisione con la donna e rivalutando regolarmente la terapia.
Per i sintomi genitourinari, nel caso non sia indicato l’uso di terapia ormonale sistemica, si raccomanda una terapia estrogenica vaginale a basse dosi o altre terapie.
Bibliografia
The North American Menopause Society. The 2017 hormone therapy position statement of The North American Menopause Society. Menopause 2017;24:728-753.